La nascita della Repubblica Italiana avvenne il 2 giugno 1946, in seguito ai risultati del referendum istituzionale indetto quel giorno per determinare la forma di governo, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la fine del fascismo e la ripresa delle attività democratiche nel nostro Paese. Per la prima volta in una consultazione politica nazionale votavano anche le donne: risultarono votanti circa 13 milioni di donne e 12 milioni di uomini, pari complessivamente all’89,08% degli allora 28 005 449 aventi diritto al voto. I risultati furono proclamati dalla Corte di Cassazione il 10 giugno 1946: 12 717 923 cittadini erano favorevoli alla repubblica e 10 719 284 alla monarchia. Da allora si sono dibattute più volte le possibilità di un imbroglio nel conteggio dei voti, che si sarebbero poi reiterate nel tempo. D’altronde anche questo è un segnale di democrazia. Oggi, dopo l’esito delle elezioni amministrative, il dibattito è incentrato sull’astensione dei cittadini al voto: un diritto acquisito anche grazie a chi ha lottato contro il nazifascismo per un ritorno alla democrazia, a volte rimettendoci la vita, e un dovere civico, sancito anche dalla nostra Costituzione.

Ma come votarono le nostre terre, ancora in gran parte legate all’agricoltura e all’allevamento, con masse oscillanti di operai che lavoravano nelle poche industrie del territorio (una fra tutte: il Lanificio Bona & Delleani di Carignano) e impiegati e sartine pendolari soprattutto verso Torino? La nostra Città aveva un tessuto non indifferente anche di osterie e trattorie, essendo posta su importanti direttive viarie che da anni portavano da Torino verso il Cuneese, il Chierese e l’Astigiano. Non mancavano i lavori artigianali, quali il calzolaio, il ciabattino, il panetterie, il pasticcere: tutte attività che durante la Guerra avevano sofferto moltissimo. Carignano e i Comuni limitrofi, legati a Casa Savoia da secoli, nonostante i dolori provocati dal fascismo, dalle brutture naziste (rastrellamenti, prigionia, torture, e impiccagioni come testimoniano i tristi fatti del Pilone di Virle), dalla perdita di lavoro, dal lutto che molte famiglie provarono per la perdita di figli e mariti o fidanzati sui vari fronti di guerra, preferirono la tranquillità di una istituzione – come quella monarchica – che almeno in apparenza conoscevano bene. I grandi Comuni, come Torino e Nichelino, votarono per la Repubblica, anticipando le scelte politiche degli anni a venire. Vediamo i risultati nei principali Comuni del nostro territorio

In età fascista, Pancalieri aveva assorbito i Comuni di Lombriasco, Osasio, Virle Piemonte

articolo a cura di Paolo Castagno

Il referendum istituzionale del 2 giugno 1946

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *