La lunga Storia di Virle. a cura di Paolo Castagno

In epoca feudale, molti Comuni d’Italia videro lotte accanite tra le maggiori famiglie che detenevano parte del potere. Ben note sono le vicende teatrali di Romeo e Giulietta a Verona, dove Capuleti e Montecchi si scontravano giornalmente in duelli: la tragedia composta da Shakespeare ha un fondo di verità storica, che affonda proprio nelle radici stesse del feudalesimo. La lotta per conquistare o mantenere anche solo una torre o una porzione di essa era feroce. Per rifarci ad esempi prossimi al nostro territorio, per il controllo dell’importante insediamento urbano di Carignano, si scontravano nella metà del XIV secolo, da un lato i principi d’Acaja e i ghibellini Sartori, dall’altro i guelfi Provana.

Blasone dei Marchesi di Romagnano, dipinto nel XVII secolo sul muro perimetrale del Castello a Virle Piemonte

Anche Virle non costituì l’eccezione. Da almeno un secolo i potenti marchesi di Romagnano controllavano incontrastati una bella fetta delle fertili terre solcate dal Lemina. Ma nel 1275 arrivò un fatto inaspettato: i figli del conte Tommaso di Savoja donarono a Corrado Asinari, cittadino di Asti, una quarta parte del luogo di Virle, generando una serie di contese e liti che culminarono con l’arresto di alcuni membri della Casa Romagnano e la loro detenzione a Pinerolo. Il principe Filippo di Savoia-Acaja avocò a sé la parte del feudo dei Romagnano, costringendoli a più miti consigli. Si giunse così ad un accordo, per cui il 17 agosto 1317 Giacomo e Tommasino dei Romagnano riottennero le tre parti della giurisdizione su Virle e l’intero castello murato, mentre la quarta parte fu concessa dal principe d’Acaja a Giorgio Asinari di Camerano. I marchesi di Romagnano e gli Asinari vennero subito a lite, anche perché l’Asinari aveva ottenuto varie prerogative, tra le quali quella di poter esercitare la giustizia, il diritto di erigere forche e di portare la spada, e addirittura di poter erigere un castello murato.

Il contrasto con gli Asinari proseguì, nonostante qualche tentativo di conciliazione, e l’Asinari fu ucciso nei fini di Virle nel 1320. Il principe d’Acaja fece confiscare ai Romagnano il castello e tutti i beni di Virle e di Lombriasco e li colpì col bando. Giacomo e Tommasino riuscirono a dimostrare la loro estraneità nel delitto; perciò il principe si accontentò di multarli per 350 scudi d’oro, ordinando al castellano di Carignano di restituire ai due fratelli tutti i loro feudi ma di proseguire nel processo contro altri due Romagnano che dovevano aver partecipato al complotto. E qui la faccenda si complica. Bartolomeo, figlio di Tommasino,  era stato accusato del delitto dell’Asinari, compiuto con la complicità di Bertino e dello scudiere di questi; Bertino era il bastardo di Gioanotto, quest’ultimo fratello di Tommasino e Giacomo.  Bertino e Bartolomeo furono quindi sottoposti al bando ed esiliati; entrambe subirono la confisca dei beni. Un altro figlio di Tommasino, Corradino, al momento dell’omicidio era assente per ragioni di studio, pertanto non poté essere accusato. Tuttavia la litigiosità dei Romagnano traspare in un altro atto: Corradino si trovò implicato in questioni legali contro i Della Rovere di Vinovo nel febbraio 1327.

La faccenda d’onore con gli Asinari si protrasse sino al 1378. In quell’anno, Bartolomeo, figlio di Corradino dei marchesi di Romagnano, veniva investito della metà del castello e del luogo di Virle (23 marzo) e poco dopo fece una pace solenne con il nemico. Possiamo immaginare che cavallerescamente i maggiorenti delle due famiglie siano convenuti nell’antica prevostura di S. Siro e si siano baciati sulla bocca oppure che abbiano apposto le labbra sulla “pace”, ossia un crocifisso, simbolo della riconciliazione. Così si usava tra le nobili famiglie, e nulla ci vieta di pensare che sia avvenuto realmente questo atto. Un ventennio dopo si entrava nel nuovo secolo. Mutava anche l’assetto del feudalesimo delle origini. Nel 1418 i Savoia ereditavano il Principato d’Acaja, e quindi buona parte del Piemonte; due anni prima, il conte Amedeo VIII aveva ottenuto dall’Imperatore  Sigismondo di Lussemburgo il titolo ducale, che conferiva a Casa Savoja la preminenza politica sulle altre dinastie d’Italia. Il nuovo Duca dettò regole ferree e impose la sua autorità su tutte le famiglie nobiliari a lui sottoposte. Non che queste famiglie perdessero privilegi, né che fossero meno litigiose: però le antiche casate erano ormai molto più attente a far carriera alla corte dei Savoia e le beghe di paese erano seguite da cause legali, non più da assassinii.  Nel XIX secolo qualche romanticone preferì inserire l’omicidio dell’Asinari tra le cause d’amore. Ma era un falso. Gli spietati marchesi di Romagnano dei primi secoli feudali erano troppo attaccati al potere e ai propri domini per pensare a assassinii legati ad amori travagliati.  

UN OMICIDIO ECCELLENTE A VIRLE. Marchesi di Romagnano e Asinari in lotta

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