Un evento. Dopo quasi trent’anni (l’ultima apertura ufficiale alle visite risale al 1997, anno della prima edizione di “Città d’Arte a Porte Aperte”), grazie alla disponibilità del Parroco don Mario Fassino, il corridoio affrescato della Casa Parrocchiale torna ad essere visitabile per un giorno. L’Associazione “Progetto Cultura e Turismo Carignano OdV” ha organizzato, per sabato 22 novembre una merenda con cioccolata e the e biscotti dell’Ottocento, presso la Caffetteria della Piazzetta, ma prima sarà possibile, per i prenotati, ammirare le pitture neoclassiche della Galleria della Casa Parrocchiale, risalenti agli inizi del XIX secolo. Un ambiente con dipinti di ambito paganeggiante (ricorrono Najadi e Satiri, il mito di Orfeo che ammansisce le belve col suono della lira, le Tre Grazie, gli animali sacri a Dioniso, e altro ancora): un ambiente di passaggio utilizzato dalla Parrocchia di Carignano per seminari e didattica per lunghi anni. Lo stato di conservazione è ottimale. Gli affreschi potrebbero essere stati commissionati dal canonico Giovanni Giacomo Andrea Sodo, nato a Carmagnola, parroco di Carignano dal 1837 al 1852; dottore in teologia, frequentò il Seminario di Giaveno; si insediò nella prevostura di Giaveno il 18 maggio 1820, reggendola sino al 9 giugno 1838. Nel 1837 fu nominato prevosto di Carignano e vicario foraneo. Durante il suo servizio, la parrocchia di Piobesi fu aggregata alla vicaria di Carignano. Acquistò la attuale Casa parrocchiale e il giardino annesso. Resse la parrocchia carignanese sino alla rinunzia fatta nel 1852. Morì in Giaveno il 7 novembre 1852.
La Casa parrocchiale è un complesso monumentale di notevole interesse.
Prima del 1764, la casa parrocchiale pare appartenesse al Comune di Carignano, come si deduce da uno scritto del parroco Ceresia, il quale in uno scritto forse del 1745 cercava di convincere il Comune a farsi carico delle spese di riparazione, e questo per vari motivi: perché è unita con l’istesso muro alla sud.a chiesa; così è accessoria; qual è l’obbligo per la chiesa tal è per la casa; perché propria della città quanto la su.a chiesa tanto che per riguardo di tale proprietà e dominio nel 1644 si è fatto uscire dall’un e dall’altro il presentaneo prevosto (G.B. Mola) per ritirarvisi in loro, d’ordine dei consiglieri, li soldati feriti dalli Gallispani nella Battaglia della Madonna degli Olmi assedianti la città di Cuneo; perché fu riparata nel 1669. Di questa prima costruzione [1], più volte restaurata a spese del prevosto Giovan Battista Mola, resta forse solo una piccola porzione riconoscibile nel’edificio in fondo al cortile dell’attuale casa parrocchiale.
Nel 1764, il parroco Carlo Maurizio Peiretti si ritrovò senza casa parrocchiale, perché demolita per far posto al Duomo e pertanto sollecitò il Comune all’acquisto del complesso di edifici posti sull’attuale Via Frichieri, già proprietà dell’avvocato Eustachio Cochis Blasi, in cambio della cessione al Comune, per 3000 lire, dei siti della vecchia casa e chiesa parrocchiale ancora in parte occupati da fabbricati. Il Comune intervenne nell’acquisto della casa Cochis dove già il parroco Peiretti abitava a sue spese, per ben 10.000 lire; in più, la Parrocchia aggiunse 2000 lire. Il Comune era il compratore e pagava la più parte della spesa, impossessandosi di una parte di casa del beneficio parrocchiale e di tutto il rimanente rimasto vacante per la demolizione della vecchia chiesa: in pratica, dando 24 tavole, ne riceveva 37. Riporto il testo del rogito del 7 giugno: Istrumento rogato Garronis di vendita del sig. avv. Eustachio Cochis Blasi a favore della presente città di un corpo di casa posto in essa nella ruata de’ Mejnardi contenente diverse camere granai e crote, stalla, cortile civile, e giardino con pozzi d’acqua viva di sito tav. 24 circa al prezzo di lire 12 m. pagabili da detta città per la concorrente di lire 10 m. e dal sig. Prevosto di questa parrocchiale don Carlo Morizio Pejretti per quella di lire duemila: fra anni cinque prossimi, stata tal casa come avanti acquistata pelli uso ed d’abitazione di detto sig. Prevosto e successori suoi in detta parrocchiale, in corrispettivo di che il preffato sig. Prevosto ha ceduto alla presente città il residuo della casa parrocchiale e li siti abbandonati della vecchia chiesa rilevanti in misura a tav. 37 circa. Dallo scritto risulterebbe che il prevosto cedeva al Comune il residuo di casa parrocchiale e li siti abbandonati della vecchia chiesa perché era parte del beneficio parrocchiale. Un secondo rogito (sempre a cura del notaio Garronis) del 29 dicembre 1768 dispensava la Parrocchia dal versamento delle duemila lire; in cambio il Comune addossava al prevosto la celebrazione delle 100 messe che l’Amministrazione doveva far celebrare annualmente per il defunto prevosto Mola (come da obbligo per un versamento di egual valore che il Mola aveva fatto al Comune stesso).
Del progetto di sistemazione della casa parrocchiale firmati da Vittone, restano due disegni, una pianta del piano terreno e una del piano nobile. Il progetto non è datato ma forse fu redatto tra il 1761 (anno d’insediamento del prevosto Pejretti) e il 1770 (anno della morte di Vittone). La Chiesa doveva già essere iniziata, poiché nei disegni risulta evidente il suo perimetro: la parrocchiale doveva essere collegata alla casa, da erigersi in seguito alla demolizione dell’antica. La persistenza della vecchia strada bassa o Viotola, che collegava l’attuale Via Frichieri con l’odierna Via Roma, era l’elemento condizionante e caratteristico del progetto, che prevedeva lo scavalcamento di tale via mediante una galleria da ricavarsi al primo piano per il collegamento della casa addossata alla Chiesa e il blocco a nord della strada. In pratica Vittone rimaneggiava edifici esistenti.
L’edificio odierno si può considerare in ogni caso un riadattamento dei due edifici già trattati da Vittone: il corpo di fabbrica lungo Via Frichieri (Casa ex Fea) e l’altro di fronte al giardino (Casa Cochis Blasi), quest’ultimo sicuramente di proprietà parrocchiale. Si conserva nell’archivio parrocchiale l’atto di iscrizione dello strumento del 25 settembre 1839, trascritto il 7 gennaio dell’anno seguente, nel quale il parroco Giacomo Sodo comprava un corpo di casa attiguo (alla vecchia abitazione) al prezzo di L. 10.000 con l’intenzione di quello cedere alla detta parrocchiale, e riunirla alla predetta casa onde renderla più sana. Nel suo testamento, don Sodo legava la casa – cortile – giardino di suo acquisto al beneficio parrocchiale a condizione di pagare certi suoi debiti.
Tentativi di riunire i due edifici furono fatti più volte. Il parroco Carlo Usseglio ottenne dal sindaco Alessandro Ferrero di far chiudere la viotola detta la Bassa. Distrutta la vecchia parrocchiale, questa scorciatoia risultava inutile e molesta per i parroci, obbligati a recarsi in chiesa attraversando la stradina invasa di neve o di acqua piovana decorrente dalle case di fronte, dalla strada e dalla piazza. Il prevosto chiese perciò di costruire un arcone sulla Viotola, in modo da collegare i due corpi di fabbrica e scendere direttamente in chiesa. Il permesso di chiudere la Via – ricovero di malviventi e di ladri di campagna – con un portone (l’attuale passo carraio) fu concesso nel giugno 1795, con l’obbligo però di mantenere un cunicolo coperto per convogliare le acque piovane a Po Piccolo. Come documentato da una carta dell’Archivio parrocchiale, parte di questa galleria era stata fatta costruire dal Prevosto usseglio a spese parrocchiali con il rimanente di fabbricato imperfetto, per cui vendette venti circa giornate di beni stabili senza più averli rinfusi, come era obbligato, avendo solo per trattativa mal fatta con l’Economato ge.le e gli eredi del sudetto alcuni mobili infradescritti con contraspettivo.
Tuttavia, sino al 1841 tra la nuova e la vecchia abitazione esisteva un tratto di casa poco a destra dell’attuale portone di ingresso; esso si spingeva fin nel giardino, impedendo la continuazione della galleria del primo piano tra la casa e la chiesa, togliendo il beneficio del sole. Su questo tratto il Comune vantava però diritti di proprietà che erano riconosciuti da don Sodo, nella certezza di poter risolvere la questione. Chiese pertanto il permesso di abbattere questo muro ingombrante, per unire le due abitazioni e continuare il corridoio-galleria. Il Consiglio Comunale del 12 febbraio 1841, convocato dall’avv. Giovanni Maria Battisti giudice della Città e del mandamento, acconsentì finalmente alle richieste del prevosto; la deliberazione, firmata dal vicesindaco Bionda e da vari consiglieri, fu approvata dall’Intendente Generale Bianchi l’8 marzo 1841 a Torino. Con questo atto, don Sodo diventava definitivamente possessore delle due abitazioni collegate dalla galleria, e poteva vantarsi di aver aumentato più della metà la casa parrocchiale.
Fino ai primi del ‘900, la parte di casa parrocchiale adiacente la parrocchia, costituì l’abitazione dei vicecurati. Solo nel 1906, grazie ai restauri operati dal prevosto Gambino, i viceparroci poterono trasferirsi nell’ala di fronte al giardino. Negli ambienti rimasti vuoti trovarono posto alcune operaie, che vi attivarono una scuola di canto e una sede ACLI. Negli anni ’70 l’edificio prese il nome di Casa Gesù Maestro e servì per il catechismo. Per qualche decennio, sino alla crisi demografica, fu utilizzato anche come succursale della Scuola Elementare, e poi come oratorio.
